Zia Peppina

Marcello ed i suoi amici stanziavano al Camping, li avevamo conosciuti al Bar. Erano in cinque, giusto una macchina piena. Avemmo la brillante idea di condurli nell’entroterra nostro alla ricerca di qualche prodotto tipico. Quel giorno ci venne in mente Rofrano col suo famoso pane di Zia Peppina. Ci andavamo di tanto in tanto, anche per vedere le nostre colline, insomma anche per regalare ai nostri occhi un panorama diverso dal nostro bellissimo mare.

La strada era piena di curve, ancor più che adesso, a volte si incontrava persino qualche tratto di sterrato, eravamo alla fine degli anni 70, dalla Piastra di riproduzione con le Stereo Sette si ascoltavano CSN&Y che ben si incastravano col paesaggio. Quei viaggi procedevano sempre con l’allegria delle vacanze, perché vacanze erano. A volte si faceva addirittura una pausa, un po’ per sgranchirci le gambe, un po’ per respirare appieno l’aria salubre e profumata della nostra natura e della nostra giovane età.

Arrivati a destinazione, non ci fu bisogno di chiedere della casa di Zia Peppina, quello lo facemmo soltanto la prima volta, ormai lo sapevamo a memoria, andavamo diretti senza possibilità di errore.

Al grosso portone c’era il caratteristico ciondolo di ferro per battere e bussare e così qualcuno si affacciava al terrazzo e, riconoscendoci, ci faceva entrare. Oramai eravamo di casa. Ogni Estate, con la nostra compagnia di amici di ogni parte d’Italia e a volte anche Stranieri, ci facevamo vedere per fare il nostro prezioso acquisto.

Zia Peppina e qualche sua aiutante ci facevano entrare e accomodare, il caffè era d’obbligo e noi lo accettavamo veramente con gusto e piacere. I nostri amici erano letteralmente estasiati per l’ospitalità, dalle loro parti ormai, cominciava già ad essere cosa rara. Alcune grosse pagnotte , da tre chili l’una, erano già pronte e sistemate sul lungo tavolo da panettiere accostato ad una parete. La loro presenza si immaginava, si intravedeva la forma al di sotto delle spesse coperte di lana, rinomate sono le proprietà isolanti della lana, non esisteva materiale migliore per preservarle e far sì che si raffreddassero lentamente come da regola. Zia Peppina la prima volta ci disse che per lei erano come bambini, esattamente disse : “ pe’mmì sungu come criaturi, sungu io ca le facciu nasce!”

A noi questa cosa ci colpì molto e oggi , per tutti noi presenti di allora, fa parte di quelle parole che non dimenticheremo mai. C’erano ancora delle forme da infornare e ci volemmo fermare ad assistere alla posa nel forno. Si andava in estasi ad ammirare la maestria con la quale la pala adempiva al suo compito sotto le manovre collaudate dal tempo e dalla fatica di una vita. Zia Peppina ormai era in là con gli anni, ma non voleva assolutamente lasciare il compito ad altri, diceva: fino a quanna ‘nge la fazzu, niscuno m’edda tuccà, me la vìu io!”. Il tutto, per noi, era un vero e proprio spettacolo, nel senso più nobile del termine, ma mentre noi ci stupivamo, il tavolo accanto era già imbandito: una cortesia per gli ospiti, la chiamavano loro, per essere venuti da lontano. Dentro ad un piatto di quelli grossi, piani e larghi, facevano bella mostra di sé, grosse fette di pane, leggermente bagnate e ricoperte di olio d’oliva Pisciottana e, dulcis in fundo, colorate da una bella “ strinda” di pomodori dell’orto. Era il famoso “ pane e pummarola” : il segreto sta nel saper bagnare il pane nella misura giusta e poi, dopo l’olio e il pomodoro, una distribuita abbondante di origano e dell’aglio tagliato a piccoli pezzi e poggiato sul tutto.

Fummo noi ad insistere a non voler più niente: dobbiamo guidare, ci scusammo.

Venne il momento del commiato e finalmente potemmo vedere le pagnotte sotto la coperta di lana. Ce ne prendemmo una a testa e tra i saluti e un grosso arrivederci ci avviammo per il ritorno.

Zia Peppina ci lasciò andare dandoci un ultimo suggerimento: “ m’arraccumanno, u’ ppane vuosto angora nunn’è prondo, facitelo arripusà angora fino a stasira!”. E fu così che soltanto per suo rispetto ci astenemmo dall’esaudire la nostra voglia di pizzicarlo, meno male, la sua raccomandazione ci permise di portare a destinazione le pagnotte sane e salve.
dal web

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.