di Giuseppe Viterale – kiddu ri mulinaru
Parte 1
Spesso, quando scrivo storie, cerco di essere preciso con nomi, cognomi, soprannomi e particolari raccontatimi da persone che ne sanno più di me. Tuttavia, questa volta mi affido solo ai miei ricordi, senza il supporto di altri, per raccontare una storia d’amore del secolo scorso che altrimenti sarebbe caduta nell’oblio del tempo.
Da bambino, ogni anno il 2 novembre, mi recavo al cimitero con mia nonna Teresa. Come tutti i bambini, ero curioso di vedere le foto dei rofranesi deceduti che non conoscevo, e mia nonna mi spiegava chi erano. Sarà stato il 1968 quando per la prima volta notai una tomba in fondo al cimitero, sul lato sinistro accanto alla cappella gentilizia della famiglia Donnantuoni. Sulla lapide vi era la foto ingiallita dal tempo di una bellissima ragazza morta nel 1929 di poliomielite, quando ancora non c’era il vaccino. Un uomo distinto e ben vestito ultra sessantenne era lì a pregare e sistemare i fiori. Mia nonna mi spiegò che era il fidanzato della giovane ragazza poco prima di morire. Veniva a Rofrano ogni anno per visitare la sua amata.
Negli anni successivi lo vidi ogni volta che andavo al cimitero e venni a conoscenza che non si era mai sposato. Negli anni ’80, l’ultima volta che mi recai al cimitero il 2 novembre, non lo vidi più.
L’estate scorsa ho cercato la tomba della giovane rofranese per ricordarmi della storia d’amore, ma non c’era. Spero che qualcuno leggendo questo mio ricordo conosca la storia di questa coppia di innamorati che si sono amati oltre la vita.
Parte 2
Questa e’ la foto di Caterina D’Amore che Melania Sauro, una sua parente, mi ha inviato. Della sua storia d’amore con Vincenzo Catapano, bella e triste ne ho parlato qualche giorno fa.
Melania e la sua famiglia hanno scritto ed inviato la vera storia d’amore di Caterina e Vincenzo che qui di seguito pubblico con molto piacere. Vi prego di leggerla fino infondo.
Grazie mille Melania.
Una Storia D’Amore
Questa è la storia di Caterina D’Amore e di Vincenzo Catapano che si svolge a Rofrano negli anni ‘20 del Novecento. Erano in corso i preparativi per il futuro matrimonio quando Caterina si ammalò improvvisamente e a Napoli, l’illustre prof. Gabriele Iannelli, le diagnosticò un terribile tumore osseo. Anche in seguito all’amputazione della gamba non ci fu niente da fare, Caterina morì, era l’anno 1929.
Il sogno D’Amore, infranto da un destino crudele, accompagna la vita di Vincenzo Catapano per sempre portandolo non solo a omaggiarla ogni anno nella ricorrenza dei defunti, ma soprattutto a scegliere la via del celibato perché nel suo cuore era lo sposo di Caterina.
La storia della famiglia D’Amore s’intreccia a quella di Emilia Cusatis poiché la tragedia vissuta dagli zii Elia e Rosa Coviello fosse confortata dalla sua presenza in casa, su volere dei genitori Angelo Cusatis e Vincenza Coviello. Da quel momento in avanti Emilia fu cresciuta dagli zii, avendo perso la loro unica figlia, istruita al commercio nella bottega di Mastu ‘Lia esattamente come fosse loro figlia, tanto da indurre Emilia a chiamare sua zia “Mamma Rosa”.
Mia zia Emilia Cusatis fu detentrice di questa storia e ha vissuto intimamente legata a Caterina come una sorella, nel frattempo era vicina anche a Vincenzo e spesso, accompagnata da mio padre e mia madre Salvatore e Imma Sauro, s’incontravano a Torre Orsaia. In una di queste occasioni, un’estate degli anni ’80, Vincenzo mostrò una fotografia a mio padre, gli fu scattata da un amico mentre beveva alla fontana in piazza nei pressi della Chiesa di San Lorenzo, fin qui tutto normale, ma una volta sviluppata la foto, accanto a Vincenzo c’era un teschio.
La stranezza della foto riconduce a qualcosa di inaspettato, soprannaturale e certamente inspiegabile – “Caterina è qui con me” – al dire di Vincenzo che sentiva ancora forte il suo amore per lei. Sarà vero o no, a noi piace credere che fosse realmente così.
In tempi non troppo lontani, in occasione del restauro del complesso cimiteriale di Rofrano, Zia Emilia Cusatis provvide alla nuova collocazione dei resti mortali della sua famiglia e acquistò due loculi, lato sinistro coperto, ultima ala, nicchie in basso.
Vincenzo Catapano, invece, negli anni ‘90 ha lasciato questa terra e non sappiamo chi ne custodisce i ricordi, pertanto spero che, per effetto domino, qualcuno legga e ci porti altre testimonianze.
L’eternità è la chiave di questa storia che solo lo scorrere del tempo ha reso tale e di cui siamo i custodi.
Melania Sauro