di Giuseppe Viterale – kiddu ri mulinaru
C’e’ un detto che dice: “ chi nun teni n’uortu e nu puorcu , inda n’annu e’ muortu”.
Fino a qualche decennio fa’ , quasi ogni famiglia rofranese cresceva almeno un maiale per uso famigliare ed il costo era quasi zero , perché’ si alimentava con la “jotta”, un insieme di avanzi di cibo con l’aggiunta di crusca ( caniglia) , lo scarto del grano dopo la molitura. Dicembre e Gennaio erano i mesi ideali per ammazzare il maiale . Per centinaia d’anni questa pratica si è’ svolta con il coltello ( lu scannaturu), in seguito si stordiva con la pistola per far soffrire meno l’animale.
L’uccisione del maiale era un rito che ogni famiglia contadina conosceva.
Si cominciava il giorno prima a non dar da mangiare al maiale in modo che gli indestini non fossero pieni. Si preparava la “Caurara “ , grande recipiente di rame per far bollire l’acqua per “pelare “ il maiale. La maggior parte delle famiglie ammazzava il maiale nei loro poderi in campagna ma alcuni lo ammazzavano in paese ed in questo periodo si udivano delle grida di animali sofferenti che con il senno di poi non erano proprio piacevoli.
Ma quelle erano le usanze e non si ponevano problemi.
Al mattino, il capofamiglia si alzava presto per riscaldare l’acqua ed affilare i coltelli, seguito dal resto della famiglia con qualche parente ed amici per aiutarlo a tenere l’animale a terra e scannarlo. Si procedeva con la pelatura e dopo veniva appeso , si staccava la testa e gli veniva messo un “purtuallu” arancia in bocca.
Si continuava con dividere in 2 il maiale e togliere le interiori , l’intestino , che serviva per insaccare i salumi, veniva lavato dalle donne. I polmoni, fegato e cuore erano tutti assieme e venivano gonfiati ed appesi .
La parte più’ bella era la sera quando ci si riuniva a casa e finalmente facevamo una bella mangiata con famiglia ed amici.
Naturalmente i giorni seguenti si era impegnati nel tagliare e selezionare le carni da usare per i salami e prosciutti. Noi bambini eravamo impazienti nel gustare il Sanguinaccio.
Nella mia vita americana ho un’esperienza divertente e fortunata del Sanguinaccio rofranese e ne parlerò in un prossimo articolo.



